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di Michel Quoist
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Ho mangiato.
Troppo ho mangiato.
Ho mangiato per fare come gli altri.
Perché ero invitato.
Perché ero nel mondo ed il mondo non m'avrebbe compreso;
e stentavo a mandar giù ogni portata, ogni boccone.
Ho mangiato troppo. Signore.
Mentre nello stesso momento, nella mia città, più di 1500 persone, con
la gavetta, facevan coda alla cucina popolare;
mentre quella donna mangiava in soffitta quello che la mattina aveva
raccolto nelle immondizie;
mentre quei ragazzi, nella loro caverna, dividevan gli avanzi freddi del
magro pasto dei vecchi del ricovero;
mentre dieci, cento, mille infelici, nello stesso istante, nel mondo, si con-
torcevano di dolore, morivano di fame davanti ai parenti disperati.

Signore, è tremendo perché so.
Gli uomini ora sanno.
Sanno che non solo alcuni infelici hanno fame,
ma centinaia sulla porta di casa loro.
Sanno che non solo alcune centinaia di infelici,
ma migliaia hanno fame alle frontiere del loro paese.
Sanno che non solo migliaia,
ma milioni hanno fame nel mondo.
Gli uomini hanno redatto la carta della fame;
le zone di morte s'impongono, terrificanti.
Le cifre erigono la loro implacabile verità.
Per più di 800 milioni di creature umane, il mensile minimo
dell'Italiano rappresenta il massimo annuo .
Un terzo dell'umanità e' sottoalimentato.

Parecchi milioni di uomini muoiono di fame
durante una sola carestia in India.
Gli Indiani vivono in media appena 26 anni.
Signore, Tu vedi quella carta, Tu leggi quelle cifre,
non come lo statistico freddo nel suo ufficio,
ma come un Padre di famiglia numerosa chino sulla fronte di ogni suo figliuolo.
Signore, Tu vedi quella carta, Tu leggi quelle cifre da sempre.
Tu la vedevi, Tu la leggevi quando narravi per me la storia del ricco seduto 

a tavola e del povero Lazzaro affamato;
Tu la vedevi. Tu la leggevi quando narravi per me l'ultimo Giudizio.
« ... Ebbi fame... »

Signore, Tu sei terribile!
Tu fai coda alla cucina popolare,
Tu mangi gli avanzi delle immondizie,
Tu agonizzi torturato dalla fame,
Tu muori solo in un angolo a 26 anni,
mentre nell'altro angolo della grande sala del mondo — con alcuni 

membri della nostra famiglia — mangio senz'appetito quello che occorrerebbe per salvarti.
« ... Ebbi fame... »


Tu non potrai sempre dirmelo, Signore, se per un solo istante cesso di
donarmi.
Non avrò mai termine di servire la minestra ai miei fratelli: son troppi,
ve ne saranno sempre che non avranno avuto la loro parte.
Non avrò mai finito di lottare per ottenere la minestra per tutti i miei fratelli.
Signore, non e facile dar da mangiare al mondo.
Preferisco fare la mia preghiera , regolare, pulita,
preferisco fare astinenza il venerdì,
preferisco visitare il mio povero,
preferisco dare ai banchi di beneficenza ed agli istituti;
ma dunque non basta,
dunque non e nulla, se un giorno Tu mi potrai dire: « Ebbi fame! ».

Signore, non ho più fame,
Signore, non voglio più aver fame.
Signore, non voglio più mangiare che il necessario per vivere,
per servirTi e lottare per i miei fratelli.
Perché Tu hai fame, Signore,
perché Tu muori di fame, mentre io sono sazio.

 
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